Com’è un racconto erotico scritto da una demisessuale?

di Berenice

Com’è un racconto erotico scritto da una demisessuale? Non lo so ancora e questo è un motivo sufficiente per desiderare di farlo. Sicuramente ho la maledizione di non riuscire a immaginare generiche e perfette donne-angelo-puttane da coinvolgere in pratiche sessuali futuristiche, potendo attingere con trasporto solo a quel selezionato e concretissimo bacino di persone a cui farei e da cui mi farei fare l’impossibile. Questo è un po’ il motivo di fondo rispetto al fatto che quando guardo i porno non riesco a empatizzare ed eccitarmi. Tutto deve essere estremamente specifico e personale, tipo mi masturbo pensando a ripetizione alle mie migliori scopate sentimentali O a quelle che seguiranno. Suona tutto molto vanilla ma garantisco che non lo è. Comunque.

Chiudo gli occhi. Tocca scegliere l’ambientazione. Outdoor non mi piace, o meglio, mi piace solo l’idea di farti infuocare le guance circondata da estranei, di vederti le gambe tremare presagendo un cedimento. Ma poi ti porterei a casa. Quest’idea mi piace, mi fa sentire cose.
Iniziamo. È un giorno feriale come tanti altri, indossi quel vestito lungo a fiori che mi svela solo il segreto del tuo collo e dell’incavo del petto da cui ti si intravedono i seni. La tua pelle è così chiara da annebbiarmi la vista, una pelle così nasce per essere segnata e non sono io a fare le regole. Seduta accanto a me, nel dehor di un bar, mi parli di una di quelle tue -nostre- cose da intellettuali e ridacchi. Io rido assieme a te, sinceramente, ma c’è qualcosa nel modo in cui ti si arricciano gli angoli delle labbra quando ridi che mi fa venire la smania di spalancarti le labbra per succhiarti la lingua. E sputarci dentro. Questo pensiero mi distrae da quello che mi stai dicendo e mi chiedo se tu te ne accorga quando ti guardo così, strizzando gli occhi quanto basta per guardarti e immaginarti godere per mano mia. In questo momento, seduta così di fronte a me, non tieni le gambe accavallate. Quindi lo prendo come un invito per metterci in mezzo il ginocchio. Vedo che aggrotti le sopracciglia, sei sorpresa? In ogni caso la stoffa del vestito che indossi è sottile a sufficienza per farmi sentire quel calore, proprio quello, e l’accenno morbido della tua vulva protetta dalle cosce. Non spingo. Preferisco continuare a parlare con te come fosse niente, inchiodandoti gli occhi negli occhi. Non voglio perdermi le tue pupille che si allargano mentre mi avvicino a te. Sei brava a dissimulare e questa cosa mi rende agguerritissima. Ti riempio di domande, parlami di questo e questo e di questo che ne pensi? nel frattempo inizio a farmi spazio tra le tue gambe, con il varco aperto dal mio ginocchio che adesso preme più prepotentemente. Non dici niente ma per un attimo hai smesso di respirare. Allora mi senti, mi dico. Mi avvicino per dirti una cosa all’orecchio e ti prometto che non è una porcata, te lo giuro, quelle voglio fartele con le mani e non dirle con la bocca. All’orecchio ti dico solo che sei proprio carina con questo vestito, mi piace, si vede? La tua pelle d’oca risponde al posto tuo. Rapidamente, senza neppure alzarti la gonna, disegno con la punta delle dita una piccola spirale che dal ginocchio sale costeggiandoti lo spazio tra le cosce, presente ma ancora coperto. Indugio un po’ lì, e infine arrivo a sentire il piccolo solco dell’ombelico. Tra non troppo la mia lingua sarà anche lì. Andiamo? Ti prendo per il braccio. Mettiamoci in quella panchina, mi siedo per prima così posso prenderti e metterti a sedere sulle mie ginocchia. Ti avvolgo la vita con le mani, mi dici non sono la tua bambolina, scema, si che lo sei, dammi i capelli che ti faccio una treccia, va bene, mi stai sul cazzo, anche tu, a volte penso che vorrei avere il cazzo solo per vedertelo in bocca ma non te lo dico questo. Il tuo collo è ricoperto da una peluria trasparente sottilissima che mi ricorda le albicocche, te lo dico. Sesso e cibo la mia ossessione. Le mie mani si muovono sapientemente intrecciandoti, sento che ti abbandoni alle mie mani e le scariche elettriche che mi si irradiano dai piedi al capo si fanno sempre più crudeli. Ti voglio tirare questi cazzo di capelli e usarli per strangolarti. Treccia finita, come stai bene, bambolina. Resta seduta sulle mie ginocchia ancora un po’. Ti mordobacio il collo e con una mano ti stringo la vita, aggrappata al tuo ventre. Il tempo comincia a scorrere nuovamente in un modo che non capisco e diventi silenziosa, le tue apnee discrete si intensificano mentre ti pianto le unghie nella carne. Girati. L’urgenza con cui ti invado le labbra. Potrei morire qui e ora, sono cardiopatica, gioco a fare la grande ma sai meglio di me che sono io a pendere dalle tue labbra, ma ora non mi importa. Sicuramente ci sta passando accanto un sacco di gente e onestamente vorrei essere in loro perché so quanto siamo belle adesso. È mentre che mi baci indietro che ti infilo le dita sotto il vestito. Non mi basta più. Chiudo le mani a coppa per contenerti. Sei bagnata, lo sento senza il bisogno di oltrepassare le mutandine e questo mi fa sfuggire un piccolo gemito compiaciuto. Naturalmente, selvatica come sei e orgogliosa, mi ricacci indietro la mano e ti stacchi da me. Che c’è? Stai bene? Ti vedo un po’ provata, hai le guance così rosse. Sei una stronza. Andiamo a casa, dai. No. Se non vieni a casa da me, ti prendo per strada. Ti prendo per strada significa che ti spintono in un angolo e mi infilo sotto la tua gonna e ti lecco. Conviene che lo facciamo in un letto, no? Si ok vaffanculo. Ti prendo per mano e ringrazio iddio che abito in centro città perché io di prendermi un autobus e stare altri venti minuti senza toccarti non ci riesco. Non ci riesco e basta. Saliamo le scale di corsa. Devo aprire la porta ma nel frattempo che armeggio con le chiavi una mano sul culo non te la toglie nessuno, anzi, ti tengo proprio davanti a me così che posso appoggiarmi a te con i fianchi. Vorrei avere il cazzo, dinuovo, ma questa cosa che devo aspettare per toccarti mi eccita quindi va bene così. La porta è aperta. Ti concedo la scelta di dove, non di cosa, dici un letto e io sono d’accordo perché va bene tutto ma stare comodi è importante. Finalmente, finalmente ti spoglio, quasi non ci credo. Mi avvento sul tuo collo mentre ti stringo forte che quasi vorrei mi trapassassi. Le mani affondate tra i tuoi capelli, ti manovro come un burattinaio, porno. Sdraiata sulle mie lenzuola rosse prego tu abbia le mestruazioni. Se me lo chiedi, ho sempre voglia di bere il tuo sangue. Ti vengono la settimana prossima ed è tutto ok, tornerò, rido. Continuo a baciarti, sono su di te, finalmente pelle contro pelle e sento i tuoi peli morbidi imperlati di umori. Posso? Ti chiedo, nella frazione di secondo in cui mi separo dalla tua bocca per respirare. Si. Secco. Ti metto le dita in bocca, voglio la tua saliva, corro verso la tua fica perché non voglio perdermi una singola goccia. Ecco il clitoride. Inizio massaggiandolo delicatamente, voglio conoscerti meglio, capire come reagisci. I tuoi respiri si fanno più profondi, le apnee più frequenti. Ti ascolto attentamente mentre ti scivolo lentamente dentro, prima un dito. Mentre lo faccio, tengo la mano sinistra sul tuo ventre e spingo delicatamente verso il basso. Così mi senti dentro e fuori. Incurvo ad uncino, ti masturbo e ti preparo ad allargarti ancora un po’. Il secondo dito scivola dentro, sei calda e bagnata e tremi. Sei bellissima. Ti prendo in bocca mentre continuo a scivolare dentro e fuori  da te, e non c’è tempo e non c’è coordinata perché qui e ora è perfetto. Ti bevo finchè ce n’è. Prenditi il tuo piacere, io lo sto facendo insieme a te.