Category Archives: Racconti

Orge di autoerotismo 🔏

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di Fred Franka

Sono in casa, dovrei studiare, leggere, costruire, ma ho solo voglia di scopare.
La mia vagina è calda e eretta. Vado a pisciare, mi accorgo di essere completamente bagnata.

Torno in camera, chiudo bene la porta anche se il timore che qualcuno entri è forte.
Metto la musica, accendo le candele.
Indosso calze a rete, anfibi. La mia vagina si insinua tra le fessure delle calze, le mie cosce -strette- strabordano.
I miei seni, ritti, si affacciano su un corpetto che li lascia scoperti.
Sono bellissima e molto eccitata.
Prendo il lubrificante e con doppia stimolazione inizio a massaggiarmi e a stimolare ano e clitoride. Sono in piedi, appoggiata alla mia parete di piuma soffice.

DYEF

Sento la loro presenza dietro di me.
Attraverso il sogno, non lascerò che se ne vadano.
Mi giro e si masturba di fronte a me. E’ sul letto, mentre mi guarda godere. Io sono fluttuante su una poltrona di velluto. Con le gambe bene aperte, il viso trasformato dall’eccitazione.
Mi stimolo la clitoride mentre mi osserva e si masturba a sua volta. Oddio come godo!
C’è chi arriva a leccarmi mentre continuo a sollecitare la mia vagina e a osservare il ritmo labile e arrapato di chi mi sta di fronte. Vorrebbe venire a leccarmi a sua volta, ma non può. Allora tira fuori la lingua, imitando il gesto, ingelosendosi della fortuna di chi, invece, lo sta facendo. Sto quasi per venire, tanto sono bagnata. mi blocco subito.

DYEF

Indosso il mio strap-on. Una parte la infilo nella mia vagina, l’altra è un dildo più piccolo, pronto a far godere orifizi.
Spalmo molto lubrificante nel suo culo, inizio a leccarlo.
I suoi gemiti mi portano a gridare soffocatamente mentre continuo a leccare. Sento il battito del cuore sulla mia fica e impugno il cazzo di gomma per sentirlo di più. Nel frattempo il suo gemito viene strozzato a sua volta, leccando e masturbando l’altra apparizione. Io inizio a penetrare piano, sento un urlo di gioia..
Continuo un po’ più forte, fino a stabilizzare il ritmo.
Godo all’impazzata, i liquidi del mio corpo inondano il pavimento.Qualche essere inizia a leccarmi il culo, io ho i muscoli vaginali che si stringono, il ritmo, la velocità, il sentire sono al massimo. Un’orgia di estasi e libertà dove godiamo e ci lecchiamo e ci facciamo giurare che quando arriveremo alla destinazione dell’orgasmo, ricominceremo a godere.

DYEF

Sento stimolare la clitoride con le dita spalmate di liquido, il culo leccato in profondità, mentre il dildo mi si sbatte dentro e io vedo e sento godere della mia penetrazione.
Vengo sopra un urlo magistrale, che prende la rincorsa e scopre corde vocali inascoltate. Gli occhi sono al cielo, chiusi; la gola si fa tesa e le vene fuoriescono.
Mi lascio sorprendere in una risata. Lecco tutto prima di stendermi a letto.
Adoro l’odore della mia fica in festa.

Autoerotismo bombing tipo fulmine a ciel sereno…ovvero Dai che ce la fai 🔏

Come accade ogni sera ormai mi avvicino al bisogno di dormire solo poggiando il computer sulla pancia e leggendo o guardando cose che poi, però, il sonno non me lo fanno quasi mai venire. Pessima abitudine, lo so.
“…Ancora non sappiamo l’esito ma è certo che avremo bisogno di cambiamenti sociali radicali…”
Leggo sprazzi di un articolo che pare interessante anche se ripete quello che ho già letto almeno cento volte negli ultimi giorni: -“Il mondo che conoscevamo ha smesso di girare”- Gli occhi ogni tanto, pur senza sottrarsi alla lettura, scivolano sulle mie tette, contornate a filo da una canotta slabbrata grigio scuro, il braccio con cui mi cingo il busto me le tiene un po’ su, sembrano pure più grosse. Continuo a leggere, ma uno sguardo sottile quasi impercettibile finisce ancora lì. Non può essere che mi stia eccitando mentre leggo questa roba. Sarà influsso della luna piena e del fatto che la voglia di scopare trabocca, ma è comunque tutta accartocciata nei meandri della presa di coscienza di questo dannato distanziamento sociale e della repressione continua di qualunque atto di libertà. Ricordati che hai un corpo, penso spesso. La mattina quando faccio ginnastica, per esempio, la mia fica riprende sensibilità, i miei movimenti mi fanno quasi bagnare talvolta, ma lasciandomi un’eccitazione che non sfocia mai in una bella sessione di godimento come piace a me, si chiude a riccio e resta lì. Anche se quando mi abbasso per fare squat profondo e i pantaloni disegnano le mie grandi labbra e le strizzano nel tessuto, basterebbe un soffio sulla clitoride quasi per farmi venire, tanto il mio corpo scalpita. Ma poi no, lascio perdere.

Stanotte c’è la luna piena, dicevo, ed è da stamani che il mio corpo ha preso una danza nuova, sento che le terminazioni nervose dei miei innumerevoli punti g, b, s, t ecc sono molto più reattive. Sì, ma è l’immaginario il problema, mi ripeto, è questa nube entro la quale ci sentiamo, il problema.

ALEXANDRA MARINOVA

Muovo appena il braccio che tiene su le mie tette, le vedo muoversi piano stringendosi tra loro e rivelando una piega nel mezzo niente male. Con una mano ne afferro una e comincio a fare lenti movimenti sulla mia pelle tiepida, finché dalla canotta si libera un capezzolo, quello più brutto tra i due, ma non importa. Col pollice lo sfioro e comincio a comporre piccoli cerchi. Nonostante non esista niente di meno eccitante di Slavoj Zizek che parla di cambiamenti sociali – per di più in questo periodo storico – mi sta salendo una gran voglia di godermi finalmente, così do un leggero colpo di bacino mentre una piccola contrazione muscolare lascia che un brivido mi attraversi. Metto via Zizek mentre il mio corpo si lascia andare a un respiro profondo. Esiste solo la mia mano che si fa più incalzante nel movimento e i capezzoli si induriscono, si aggiunge anche l’altra mano, e poi un’altra, e ancora un’altra. Spengo la luce? Se le persone sapessero fare buon uso di certe immagini mi farei guardare sempre perché mi eccita moltissimo, ma così non è, tantomeno il mio vicinato, quindi sì, spengo la luce. Comincio a ondeggiare il bacino piano, per giocare con quella cosa goduriosa che accade quando il tessuto delle mutande o la cucitura dei pantaloni sfregano sulla clitoride eccitata che comincia a diventare calda e umida. Una tempesta di visioni mi precipita dentro. Socchiudo la bocca, chiudo gli occhi, mi prendi le mani e te le porti verso la pancia, la mia lingua sfiora l’angolo della bocca, mi mordo appena le labbra, mi si inarca la schiena, arrivo giù dove le grandi labbra sono sensibili al punto di sentire il tocco anche dove non c’è e inizio a sfregare piano con la mano fuori dai pantaloni, su e giù, mentre le mie tette stanno danzando sotto la tua lingua e i tuoi baci induriscono i miei capezzoli indorati dalla luce della luna che entra nella stanza. Mi togli i pantaloni insieme agli slip, inizio a sentire il mio odore che sale leggero dalle lenzuola quando mi attraversano scene lampo di scopate storiche, fuori da ogni mio possibile controllo. Non è un vacillare dentro lunghi ricordi, arrivano solo dei fulmini, dei flash, che alimentano il mio respiro che si fa sempre più caldo. Mentre mi assale la sensazione di quella lingua che mi lecca sapientemente e che scende adesso nel profondo, divento un corpo sudato che sussurra oh, sì… Scopami scopami scopami. Ecco un caos di lingue, sudore, gemiti, mani e corpi che si intrecciano lasciando una scia di odori buonissimi. La mia lingua compone cerchi concentrici e lenti attorno alla tua clitoride, ponderando la pressione, le mie gambe si divaricano, sono bagnata e sento il calore che divampa tra le cosce, mentre le dita mi scivolano dentro, il mio bacino sale e scende piano e la schiena si inarca ancora. I muscoli delle gambe si tendono e si stendono.  La mia mano ora scivola fuori e naviga nel mio liquido eccitato, maneggia la clitoride un po’ e riallarga sulle piccole labbra, si muove e aumenta la pressione, la mia bocca è spalancata, gli occhi serrati, più veloce la mia mano, le mie gambe sono sempre più aperte, il fiato si accorcia, il mio odore si fa più morbido e il mio culo reclama un po’ di attenzioni.

Alexandra Marinova
ALEXANDRA MARINOVA

Mi giro a pancia in giù sostenendomi sui gomiti, le mie dita entrano ancora dentro facendomi sobbalzare di piacere, sul mio culo gordo arrivano due mani che allargano le chiappe ogni volta che salgo e scendo, altre mani mi afferrano le tette e la mia lingua è un fuoco, vorrei urlare e gemere, non posso,

sveglio mio fratello.
Ah,
fanculo.
Perché ho pensato a mio fratello?
Merda, in un attimo sono comparse tutte le figure più abominevoli – dopo zizek -, mia madre,
mio padre.
Cazzo.
Questa faccenda di essere a casa con loro è un disastro erotico esponenziale mai visto.
Non importa, la mia fica ormai avrebbe bisogno di ben altro per asciugarsi.
Mah,
no,
merda,
ho rovinato tutto.
Sbuffo. Oh, tempi duri questi. Lascio scivolare fuori piano le mie dita umide, mi colgono le contrazioni muscolari che seguono gli orgasmi abbandonati, e così scopro che in realtà la clitoride è lì che aspetta di impazzire e niente ha scalfito i suoi entusiasmi. Mi volto a pancia in su, mi lascio andare a un sospiro sospeso mentre divarico le gambe nuovamente, con una mano massaggio lentamente appena sopra la clitoride, con l’altra mi sfioro il ventre e risalgo piano verso le mie piccolissime dune di sabbia, con la bocca ho l’impressione di leccarmi i capezzoli anche se no, non ci arrivo, la pressione delle mie dita condensa in sé ora tutte le scopate migliori della mia vita, ricomincio a bagnami, sento il calore di nuovo, le dita sempre più veloce salgono scendono e girano, la schiena si curva ancora, stendo le gambe, i piedi si stirano, quasi non voglio venire subito, voglio che duri di più, no, invece voglio venire, ora. No, non voglio venire, allora allento il tocco, questo momento in cui sono vicinissima all’esplosione mi fa impazzire. Rallento, ma non troppo. Velocizzo, come un’armonia. Sì, voglio venire, no, ancora un po’, sì…sì, sì, sì, voglio venire, sto per venire, un istante sospeso mi separa dall’estasi profonda che, infine, mi inonda.

Riapro gli occhi. Un sospiro felice mi dà quella sensazione di nuovo corpo che si avverte persino dopo una autosveltina del genere.

ALEXANDRA MARINOVA
Le gambe si rilassano, continuo a toccarmi per avvertire quelle contrazioni di piacere post orgasmiche molto orgasmiche e per cospargermi del mio godimento bagnato.
Mentre mi accoglie ancora il mio odore di fica felice e mi rigiro nel letto mi viene in mente quella volta in cui questo mio fatto di dare un lieve contributo nella scelta del momento dell’orgasmo – scelta estremamente relativa, perché in realtà, poi, quando arriva arriva – era stato motivo di discussione con una mia compagna di anni e anni fa. Sosteneva che gli togliessi naturalezza, ma dico manco stessi lì a dire ‘ora sì’, ‘ora no’, voglio dire, in momenti lontani dal momento avevo spiegato che a volte lasciavo solo qualche istante non al caso, spesso per raggiungere quella cosa potentissima che è venire insieme, oppure per godere di più, oppure per non interrompermi sul più bello, perché non sempre ‘il più bello’ è l’orgasmo in sé. Oltre che fa bene ai muscoli della vagina. Per quante di queste visioni sacrali e sacralizzanti dell’atto sessuale ho dovuto giustificare cose? 
Lascio perdere il pensiero, ché di interferenze ne ho avute fin troppe, e penso che per essere una masturbata che è nata dalle ceneri di un articolo noiosissimo sulle conseguenze sociali di questo pandemonio, e per essere sopraggiunte le visioni di mio fratello, mia mamma e mio babbo, un orgasmo è sempre un orgasmo. Finalmente. E senza orgasmi, io, al mondo, non ci posso stare. Ma quant’è difficile sciogliere i nervi e amarsi un po’ in questa valanga tossica?

F**k you (generico ma neanche troppo) 🔏

Fritz non pensa di essere in grado di scrivere un racconto erotico. Non scopa da mesi. Quando si dice di mettersi a letto e magari masturbarsi così per passare il tempo nulla. Niente. Rimane asciutta. Si domanda le altre come facciano. Come si fa a scopare un giorno si e l’altro pure, provare questo piacere che mai ha raggiunto e non esserne annoiate? Non è stancante? Non è fastidioso sentire dita, lingue, mani che accarezzano, il cuore in gola che batte veloce, il respiro che si affanna, occhi chiusi aperti che osservano mani altrui muoversi nei meandri del proprio corpo – è davvero quello il mio corpo? – e la mente che viaggia, – ma dove? -, verso quel grido di piacere profondo e liquido che sta lì in attesa di esser liberato, che sale sale sale e sbam! Muro. Toglimi il tuo corpo di dosso. Levate!

Chiara Dime

Questo corpo è mio, lo ascolti?
Lo segui?
Lo hai capito?
O te devo spiegà tutto?

Il suo secondo chakra è chiuso per ferie. A tempo indeterminato.
Ci sarà qualcun’altra a cui fa schifo scopare?
Il desiderio erotico risiede solo in quelle immagini di corpi avvolti e sudanti?

Rigurgito.
Desiderio rattrappito.
Cerca nei meandri e si chiede dov’è andato a finire. Cerca immagini, ricordi.

C’era una volta che era al cinema, la sala era grande, non erano in tante ed era l’ultimo spettacolo della sera. Ognuna già seduta a più di un metro di distanza. Le luci si spensero. Era un film erotico. Pieno di ragazze belle e brutte. E una scena l’aveva colpita, sì. Adesso ricorda, lo stomaco si era chiuso un istante, i capezzoli si erano risvegliati e forse aveva sentito le mutande bagnarsi. Qualcuna nella poltrona vicino le aveva accarezzato la nuca dove i capelli erano appena stati tagliati e le era sceso un brivido lungo la schiena che aveva acceso un piccolo fuoco che dovette trattenere lì. Si era concentrata tutta per non farlo spegnere, le piaceva sentire i  contorni del suo corpo, fragile sensibilità. La trama del film proseguiva sullo schermo, ma la sua mente era rimasta lì, su quella scena.

Chiara Dime

Quanto avrebbe voluto quel bacio anche lei. Un bacio erotico, scherzoso, che prometteva una scopata di profondo piacere e risate. Era bastata quella lingua che con la sua punta aveva sfiorato delle labbra socchiuse, lasciandole in attesa di un futuro incerto e desiderante. Niente più. Continuò a guardare il film, sperando che il desiderio viaggiasse su onde telepatiche, che quella mano che le aveva sfiorato la nuca tornasse e ordinasse al corpo al quale apparteneva di avvicinarsi, di farsi conoscere, di mettersi a sedere su di lei, capezzolo canottiera contro maglietta capezzolo, su quelle poltrone di un cinema buio, per sfiorare con la punta della sua lingua le sue labbra socchiuse anch’esse in attesa di un futuro incerto e ugualmente desiderante.

Sbam!

Sbatte una porta e Fritz torna alla realtà. Se qualcosa del suo corpo si era risvegliato c’era voluto un attimo per richiudere tutti i battenti. Che andassero tutte a quel paese. Mente infame. Il sole entra dalle finestre della sua stanza. Si affaccia per vedere cosa le offre il mondo esterno. Una fila di persone in attesa di entrare al supermercato fa il giro dell’isolato. Arriccia le sopracciglia, la avvolge una oramai familiare sensazione di aridità soffocante.
Allunga le mani sul pacchetto di tabacco aperto sulla scrivania. Mentre aspira la prima boccata della sua sigaretta, esce dalla stanza lasciando il pc aperto, schermo ormai spento in standby.

Questo orgasmo non s’ha da fare 🔏

di Borragine
Sto annaffiando. È il crepuscolo e oggi mi sono decisa a guardare le innumerevoli piante grasse e non di cui ho la fortuna di essere circondata. 
In particolare ce n’è una che cattura sempre la mia attenzione ed è la più maestosa. Somiglia a un’aloe, ma non della specie più comune: sembra infatti la sua antenata, anzi sembra che si possa dire che non sia cambiata affatto nel corso della storia e che i miei occhi possano guardare oggi ciò che chissà quanti occhi hanno visto.

Osservo questo dinosauro vegetale in ogni sua forma, si solleva in un tronco tarchiato per 40 cm prima di esplodere in una cupola confusa di larghe foglie rigonfie alta il quadruplo rispetto alla sua unica gamba. Evito di abbeverarla, so che non necessita davvero la mia presenza, ma voglio avere comunque una relazione con lei e, prima ancora che io possa decifrare questo pensiero, le mie mani hanno già raggiunto le sue foglie. In realtà sono le mie dita che sfiorano dolcemente la punta sottile, fino a seguirne l’apertura in una lingua carnosa costeggiata di spine arcuate.

CàRusso
Non voglio rischiare di sfociare in frikkettonate o erotismo vegetale, ma di fatto non posso negare che quella carezza recupera un’immagine tattile che mi dà un brivido, e lo accolgo con piacere, visti i tempi. 
Mi piacciono questi pantaloni blu che indosso, hanno una tonalità inconsueta che si abbina bene al verde della campagna. Mi tocco le gambe qua e là e sento i miei peli lunghi e spessi sulle cosce dure. Penso che questi pantaloni ti piacerebbero e le mie mani mi toccano quasi come se avessero dimenticato come sono fatta. Come mi stanno questi pantaloni sul culo? Non lo so, toccami. Un pensiero mi attraversa ed è che di sicuro dev’esserci una punta di magenta nel fucking blu di questo cotone, ma cosa penso, toccami piuttosto. Se fossi qui adesso ti direi di non smettere, ma non ci sei e allora mi arrampico sù nella mia capanna soppalcata, scandagliando ricordi e fantasie dentro la mia testa. 

Io mi masturbo spesso, il più delle volte con materiale video, perché così come accade per le canzoni che preferiamo, è bene preservare quel punto di non ritorno oltre il quale l’ascolto sarà inevitabilmente diverso e quelle che ci sembravano prima straordinarie assonanze imprevedibili saranno ora al nostro orecchio svelate ed incise per più o meno sempre, fracassandone ogni effetto sorpresa. Così, a un certo punto, ho deciso di preservare memoria e immaginazione sostituendola con immagini, più o meno trash o raffinate, per stare al passo con gli esercizi famelici di routine tra me e me senza per questo consumare i ricordi che conservo, invisibili sulle mie rètine.

CàRusso
Ma oggi è uno di quei giorni in cui ho voglia di ascoltare la mia canzone preferita e di stendermi sul letto nella penombra, mentre mi avvolgo nel buio lanoso di una coperta e sotto di questa scoprirmi, spogliarmi, mentre la tua mano risale tra le mie gambe e poi sul bacino, ne segue le costole e i muscoli dietro le ascelle; queste braccia ora vorrebbero le tue mani arcuate a stringerle e cingermi, ma questa non è che la mia prevedibile fantasia, sono sola, sì, e che importa? Toccati le tette, coraggio! Non ti piacciono le tue tette? Certo, a chi non piacciono le tette, anche se quando non sono nuda le odio, ma va bene, in fondo pensare che le mie tette ti piacciono mi eccita. Che piacciono a te, a lui, a lui, e a lei, e a lei… Mi eccitano ora delle istantanee di un passato che mi sembra lontanissimo, qualcosa che non so spiegare che viene da molto lontano. Mi eccita e mi turba allo stesso tempo. 
Chissà se questa cosa la risolverò mai, chissà se di risoluzione si possa parlare, chissà se il problema è proprio che ad eccitarmi sia il turbamento. O viceversa? 
Decisamente viceversa.