di María Castrejón
da Relatos marranos. Antología (D-fracciones)
Pol·len Edicions
[traduzione a cura di Hormony]
Mi masturbo da due ore; questo è lavoro, gente. I video sono corti e ogni tre minuti devo sceglierne un altro che mi faccia bagnare. Ho provato tutte le categorie. Risultato: clitoride irritata e dolor di polso. Non è la prima volta che mi succede e non ho potuto fare e meno di commentarlo con le mie amicizie. “Nooo! Che merda!”. So che mi capiscono.
Due settimane prima:
– Non ci piace mettere etichette. Però, rispetto alla relazione che dovrai presentare alla Commissione medica, il disturbo in cui ti si dovrebbe collocare è DBP.
Mi sembra una televendita, o una rivista di programmazione televisiva, però, a quanto pare, è invece una cosa abbastanza seria e mi cambiano le medicine. Mi prescrivono, oltre a tutta la merda che già prendo per non uccidermi, un antimpulsivo. Mi toglierà la fame, gli impulsi suicidi e sessuali. Ovviamente, non posso bere con le medicine. Grandioso!
– Tutti i farmaci hanno degli effetti collaterali. Alla fine tra i mali, è il male minore.
Il male minore. Non so cosa ci sia di male nel morire, ma tutti vanno in agitazione se decidi di farlo. Quasi come quando decidi di mettere al mondo un figlio, ma al contrario.
Comincio a prendere le pasticche perché la gente non vuole che io muoia. Credono che non sia una buona idea. Comincio anche a riempire milioni di scartoffie perché mi riconoscano una disabilità. Cioè, pur di non pagare la metro, che mi sembra un furto. C’è chi nell’ospedale psichiatrico dice che si sente male per il fatto di essere disabile. Manco per scherzo. Se è tutta la vita che sono pazza e non posso bere né aver voglia di scopare che almeno mi diano della grana. E’ il minimo. Questo sì che sarebbe un risarcimento, anche se non so quanta grana dovrebbero darmi per compensare questi effetti collaterali.
Una delle mie amicizie, oggi la migliore, mi ha portato un regalo. Tutto ben impacchettato e carino che mi ha comprato da Los Placeres de Lola; vediamo se davvero riesco a raggiungere gli stessi piaceri di suddetta Lola. Lo apro con ansia e attenzione. E’ un vibratore con telecomando. Dice che si può usare negli incontri tra ex alunni. Non sapevo che ci fosse gente che si blocca in queste situazioni, anche se non mi farebbe per niente strano. C’è anche una perlina rugosa di silicone per offrire un piacere maggiore. Il mio amico sa come farmi felice. Parliamo un po’, io quasi non lo ascolto mentre desidero tornare a casa a provare il mio nuovo amichetto e, ovviamente, esce fuori la questione dell’ospedale psichiatrico che mi abbassa un po’ la libido, anche se ci sono alcune terapie… Alla fine, lo ringrazio per il regalo, gli dico che gli voglio un gran bene e esco spedita verso casa.
Il piccolo vibratore ha dieci programmi differenti che si disegnano sul telecomando tipo uno skyline. Fico. Viene con un tubetto di lubrificante, ma non ne ho bisogno. Voglio provarlo. Lo affondo nella mia vagina facilmente e decido di prendermela con calma.
- Slow n’ steady: dai, lento e regolare. Niente di nuovo.
- Medium n’ steady: un po’ di più…
- Fast n’ steady: già un’altra cosa.
- Escalating: non devo aggiungere altro, no? Piacevole.
- Multi-escalating: multipiacevole.
- Pulsating.
- Multi-pulsating.
- Multi-pulse plus.
- Repeating pulse.
- Repeat escalation.
Già lo vedo com’è: multi, plus, repeat. E’ tutto più o meno uguale, ma con l’effetto sorpresa, anche se alla decima volta già ci ho preso la mano, ci sto pure prendendo il vizio.
Apro la pagina che qualche giorno fa non mi ha dato risultati. Vediamo se adesso con i multi e i repeat ottengo qualcosa. Il primo problema in cui mi imbatto è che con una mano devo usare il mouse e con l’altra il telecomando del vibratore. Le cose si complicano e non riesco a concentrarmi. Lo metto in modalità cinque e scelgo un video di sesso in pubblico. Dura tre minuti e cinquantasette secondi. Qualche tempo fa mi sarebbe bastato e avanzato. Sono solo effetti collaterali. Multi-escalating sei la mia ultima speranza…
Dopo un’ora e mezza raggiungo il mio obiettivo. Non so dopo quanti video né quanti skyline, però chiamo il mio amico con le lacrime agli occhi. Mi dice che sono soldi ben spesi. La pallottola – si chiama così, bullet – continua a vibrare dentro di me. E io con lei. Sono così felice che decido di scendere al Mercadona senza toglierla. In modalità I. Mentre salgo le scale che attraversano il parco noto la lieve vibrazione e il contatto dell’aggeggio nero con le pareti della mia vagina. Sulla spalla ho la borsa per la spesa, pure lei nera, e nella tasca dei pantaloni corti il telecomando nel caso le cose si mettessero bene. Incrocio persone in strada e mi immagino a fare sesso in pubblico con alcune di loro. Categoria: “sesso in pubblico con DBP con vibratore con telecomando che si può portare agli incontri per ex alunni” o “sesso in pubblico con disabile che cerca di alleviare gli effetti collaterali”, e già che ci siamo un sussidio.
Entro al supermercato e guardo cassier* e magazzinier*. Non mi sono mai piaciute le uniformi, ma oggi è un giorno speciale. Quella cassiera alta e corpulenta che sta sistemando le pesche sciroppate senza zuccheri aggiunti ha un suo perché. Non mi rendo conto di guardarla in maniera spudorata fino a che non mi chiede se ho bisogno di qualcosa. Non so bene che dire, ma di fronte a lei tiro fuori il telecomando dalla tasca e metto il vibratore in modalità sei. Le sorrido e lei fa una strana smorfia. Me la immagino nuda piena di sciroppo e con il telecomando in mano. Anche io sono nuda nella zona yogurt. L’esposizione al freddo mi fa accaldare tremendamente. So che usa solo i numeri pari mentre si avvicina verso di me con una mousse al cioccolato e me la spalma rudemente sulla bocca e sui capezzoli. Uno dei suoi colleghi si avvicina. Lei gli bisbiglia qualcosa e ridono. Io ho freddo, ma sono troppo eccitata e ho le gambe che vacillano. Lui si avvicina e comincia a leccarmi i capezzoli mentre lei mi fa mangiare yogurt al cioccolato e usa, alternativamente, i numeri pari. Ora tocca a lui riempirmi la fica di cioccolato mentre lei mi bacia e passa ai dispari. Io sono pronta. Mi lascio trasportare e cado sulle gelatine alla coca-cola. Il ragazzo mi lecca la fica e lei le tette. Parlano tra loro, ma io non capisco niente. Cerco solo di indovinare ogni movimento. Sono sicura che sto per venire. Lei mi lascia le mani. Quindi apro gli occhi e la cassiera mi dice:
– Vuole una busta?
– SÌÌÌÌ!
– Ha la macchina nel parcheggio?
– Cristo, SÌÌÌÌ! (Non ho la macchina né niente. Sono venuta a piedi per il parco con il mio carrellino)
– Ok, va bene.
Il giorno seguente torno all’ospedale a “curarmi”. Sì certo, non dimentico di introdurre il mio bullet. L’équipe terapeutica, composta da donne bellissime, oggi è tutta un’altra storia; così come i miei compagni, le guardie… Penso di metterlo anche il giorno in cui presenterò i fogli della malattia. Che bello avere amic*.