di Lumachina
Acqua, per sciogliersi Jin aveva bisogno di acqua: di onde da dominare, del vento possente, dei delfini che danno il buon risveglio al mattino. E poi, solo solcando il mare poteva raggiungere le isole paludose dove, tra i chicchi di riso, la carta trovava la protezione da umidità e censure.
Carta di papiro, di corteccia, di cotone; carta sottile, filigranata, spessa; carta per tempere, inchiostro, grafite. Per immaginare orizzonti, tramandare memorie, mandare un messaggio.
Le carte di cui maggiormente si occupava Jin non erano di carta, ma di cuoio impresso di numeri e simboli. Le bastavano quelle carte di pelle per leggere storie. d’altronde non avrebbe potuto fare altrimenti: la carta dei libri non trova ambiente favorevole su un gozzo: tra gli schizzi di spuma ed i ratti che si insinuano ovunque e rodono tutto. Gli unici tomi che non soffrono il mare sono Evangeli, che però non sono facili da leggere. Senza le Carte con cui navigarli si annega in un mare di menzogne, ma quando la pelle da i numeri, può vedere la verità.
Chiaramente non tutte le pelli. Conciata col culto di Diana: pelle sottile, lavorata di fino: cacciata di fino, spolpata di fino, lavata di fino, seccata di fino, intatta fino alla fine. Poi impressa con forza dal fuoco di un numero, un simbolo, una lettera, un segreto.
Non i numeri per interpretare Evangeli ma ogni Evangelo legenda dei numeri.
Le domande che si pongono ai numeri sono incommensurabili.
Quella originale e generatrice: Come ha fatto Eva a procreare Adamo.
La domanda originale aveva mille Perché. Le carte sembravano l’unico modo per rispondere all’affermazione di Dio. proteggendosi con la propria stessa maledizione: l’interrogativo. Perché?
Perché la risposta non è mai definitiva.
Jin accarezzava le sue carte, ne massaggiava la consistenza, sentendo la pelle ammorbidirsi sotto i polpastrelli, nel calore delle palme tra i rivoli delle linee della mano.
Jin massaggiava le carte e respirava lenta, poi un respiro profondo, le carte sul tavolo, l’Evangelo aperto, la luce del sole schiariva le pagine macchiate da muffe. L’inebriante profumo di libro. Le carte di cuoio parlavano attraverso quelle pagine.
Evangelo secondo Maria e Maddalena.
Maria lasciava freddare l’infuso di foglie mentre scioglieva dell’altro miele nello sciroppo.
Aspettava qualcuno, ma chi? Un sentore l’aveva svegliata al mattino. L’assenza di nodi al fazzoletto la rassicurava che a parlarle fosse l’intuito e non una dimenticanza.
Si aspettava qualcuno, senza sapere chi aspettare, eppure sapeva che nel momento esatto in cui lo sciroppo si mescolava all’infuso di latte caprino, qualcuno varcava la soglia.
“Maddalena, non ti aspettavo” in effetti Maria non se lo aspettava, ma era proprio lei che le ronzava in testa dal mattino, il suo cuore infatti aveva per un istante smesso di battere, come per far scoccare l’ora tanto attesa.
Le porse la caraffa e la invitò ad accompagnarla sulla cima del monte. Poi prese un cesto e aggiunse
“I fichi sono maturi, straripanti di dolcezza, aspettano solo una bocca che li addenti. Ne raccoglieremo un po’ per Isa e Yusuf”
Le due si incamminarono lungo il sentiero sulla collina. Restarono mute a lungo. Le parole sono un bene prezioso per chi cammina in salita e non vanno sprecate. Il sole di fine estate si era placato e illuminava il cielo tiepido, la brezza accarezzava la pelle e i capelli delle due donne.
Maddalena poi interruppe il silenzio. Chiese a Maria di seguirla verso un raduno di alberi, i cui frutti così dolci attiravano moltissimi uccelli.
Maria la segui senza un fiato, nonostante avesse diverse domande. Non si pentì di non averle poste perché una volta arrivata queste si risposero senza neanche essere pronunciate.
Il canto scomposto dei passeri si propagava di ramo in foglia fino ai frutti, quasi tutti bucati da becchi golosi.
“I fichi migliori non sono prede per uccelli” parlò Maddalena accovacciandosi in terra “i frutti colpiti dal sole più caldo, caduti al suolo… appassiti troppo in fretta, racchiudono al loro interno tutta la luce del sole cocente. Gli stolti li disdegnano: non capiscono un fico secco.”
Maria osservava Maddalena mangiare i fichi da terra, e dal suo sorriso facevano capolino i denti, ogni tanto le veniva da ridere, ma pronunciava davvero poche parole. Maddalena compensava parlando per entrambe.
Maddalena era giovane, Maria non lo era molto meno, ma le loro vite avevano preso strade diverse…
Non poi così tanto, in fondo facevano lo stesso mestiere. L’unico mestiere delle donne povere.
Eppure la puttana c’è tanti modi di farla.
Maria aveva partorito Isa, che ormai era grande e cercava altri seni che non fossero materni, quelli della Maddalena erano i suoi favoriti.
“Come sta Isa?” chiese Maria mentre mangiava un fico seduta sul prato, con gli occhi verso il sole che lentamente cambiava colore. Maddalena fissava i capelli cenere di Maria che le coprivano gli occhi, così non trovando il suo sguardo, cercò anche lei l’orizzonte. leggermente contrariata le chiese perché, fra tutte le domande che poteva porle, le aveva domandato proprio della sua stessa prole?, per un breve istante le due trovarono gli occhi dell’altra, poi Maddalena aggiunse “In più lo sai già” distogliendo di nuovo lo sguardo dagli occhi chiari di Maria sbucciava un fico maturo. La pelle era viola e sottile.
“Isa mi ha difesa, lì dove lavoro, mentre me la sbrigavo con un paio di clienti morosi. Isa ha visto la scena e sentendosi Dio in terra ha creduto avessi bisogno delle sue parole, del suo corpo, che mi proteggessero dagli insulti di chi mi chiamava puttana.
Ho dovuto mettere in chiaro che nessuno mi difende, e che non vorrei che qualcuno vedendoci pensasse che io abbia bisogno di protezione, in più non mi aiuterebbe se la cercassi in giovani incoscienti come chi ti chiama Madre, Maria.”
Le ultime parole taglienti sul conto del frutto del suo seme le misero leggera ilarità, e così chiese a Maddalena: “Mi stai dicendo che Isa è troppo debole per te?”
Maddalena sbuffò un sorriso: “non centri il punto” le disse premendole leggermente con il polpastrello indice sulla fronte, come per segnare il centro del punto, o per passarglielo per via telepatica, con gli occhi di una in quelli dell’altra finalmente per più di un solo battito.
Fu Maddalena stessa a non reggere più gli occhi di Maria, e la sua bocca riprese il fiume di parole.
“Non credo che potrei mai fidarmi di chi mi protegge senza il mio consenso, ora i miei morosi useranno la nuova clientela fidelizzata per telarsela senza rimettere a me i miei debiti, come io li rimetto ai miei debitori. Tu Maria, conosci bene la sventure della protezione”
Lo sguardo di Maria si distolse dal viso espressivo di Maddalena “non sai di cosa parli” disse con un fiato tra l’addolorato e il risentito
Maddalena era giovane e non credeva nella virtù della temperanza e moderazione. Non tratteneva il suo desiderio e quasi mai si mordeva la lingua.
Sferrava colpi senza tregua fino a che non fosse implorata a piene mani. La schiena rivolta di Maria non bastava a farla tacere, così Maddalena si alzò e si accovacciò ai piedi dell’altra alla ricerca dei suoi occhi, una volta trovati, con voce melliflua ma categorica, continuò.
“perché continui a raccontarti parabole sul tuo conto e non ascolti un po’ il tuo corpo?
Yusuf non ti rende felice, questo non è qualcosa che ti è allo scuro, ma allora cosa ti blocca dal mettere in chiaro che non ne è neanche ciò ci cui hai bisogno?”
La mano di Maddalena si poggiava con fermezza titubante sul piede di Maria. il sandalo le si era già sfilato da se, così Maddalena poteva accogliere il calcagno nel suo palmo, lasciando che le nocche si arrampicassero lungo la caviglia. Non più accovacciata, ma poggiata sul gomito, quasi stesa, sbirciava gli occhi socchiusi di Maria, attraverso le palpebre traspirava la goduria per quel massaggio che si spostava alle dita e al dorso del piede.
ammorbidendo la pungenza delle sue parole con la generosità dei suoi massaggi, la voce di Maddalena continuava imperterrita, quasi sadica, come una goccia che scava la pietra. Sosteneva che Yusuf aveva rapito Maria, stregandola con il suo fare da mago l’aveva portata in viaggio e l’aveva poi legata a lui per sempre convincendola che per sopravvivere una madre ha bisogno di un padre, una donna di un marito, una puttana di un protettore.
Maria avrebbe voluto controbattere, ma la sua mente si perdeva nelle dita che le danzavano su per il polpaccio e poi nel cavo dietro al ginocchio. Avrebbe voluto negare che yusuf l avesse stregata, ma al momento a stregarla erano le mani prostitute della favorita di Isa.
Poi Madre Maria deglutì in un sol sorso tutta la libido accumulata, quindi si levò seduta, ritraendo solo in parte i piedi dalle mani poetesse dell’altra, e con una freddezza fasulla disse “sei molto indisponente a parlarmi così, potrei essere tua madre”
Maddalena la mora strabuzzò gli occhi, incapace a credere alle proprie orecchie. Ma di risposta le pizzicò le dita dei piedi.
“Maria, Amica mia” la beffeggiava “mi ricordo di te da quando sono nata e a quei tempi eri poco più di una bambina, dagli occhi cerulei e cosce morbide”
“Una bambina dalle cosce morbide e sporche di sangue troppo presto. Sono stata la prima mestruata, non avevo neanche dieci anni…”. Maria si perse nella memoria di un infanzia troppo breve domandandosi se fosse possibile per lei godersi una lunga gioventù, senza invecchiare precocemente. Poi vide Maddalena, le sue labbra spaccate come la buccia di un fico maturo, i capelli legati in una treccia serpentina che sembrava divincolarsi da sola dal laccio che la chiudeva. continuò nel ripercorrere i passi che le separavano “ a tredici anni ero madre, e tu, cara Maddalena, hai mestruato che il sangue del mio sangue già parlava”
“tu, Maria, hai partorito prima ancora di fare l’amore” la incalzava la perseverante Maddalena, che non lascia la preda fino a che non è sfinita. “Yusuf ti ha stregata, Yusuf ti ha mentito, ti ha fatto credere che le donne non godono”
“Yusuf mi ha salvata da un mondo di lupi”
“Dimmi la differenza tra un lupo e un cane da guardia, se non che il primo almeno non fa finta di esserti alleato”
“L’alleanza non può esistere senza fiducia, la fiducia si crea con il tempo, con dedizione alla condivisione, sacrificando talvolta la felicità alla Creazione, propria creazione, nata dall’unione di animi e corpi che necessitano l’uno dell’altro nella ricerca del divino . Non conoscerai mai il sapore dell’amore se non sarai disposta a liberarti della tua fierezza ” controbatteva Madre Maria, piena di grazia, e il Signore con lei.
“L’amore non dovrebbe essere un’àncora, ma una vela!”
Maddalena era giovane e infervorata, e tanta smania di confronto aveva acceso l’animo anche della flemmatica amica. Le duellanti si affrontarono cercando ognuna di portare acqua al proprio mulino, ma dopo qualche battuta Maria gettò la spugna.
“Ho capito la tua posizione, ma perché non riesci ad accettare che scelte diverse dalle tue possano essere fatte con la stessa convinzione che hai tu, e non per errore o passività?”
“perché non posso sopportare di vederti intrappolata nel ruolo di Madre e di Moglie” disse d’un fiato la giovane Maddalena
“Perché?” Maria aveva ritirato i piedi e con le gambe rannicchiate e la schiena dritta fronteggiava Maddalena, la quale, accovacciata sulle punte dei piedi, protesa verso Maria, si reggeva in equilibrio poggiandosi leggermente alle ginocchia dell’amica. Maddalena accettò lo sguardo di Maria ma non aveva parole al momento per rispondere a quel perché. A Maddalena bastava un solo Perché per questionare l’intero universo, allora per non dire la cosa sbagliata si spinse sulle sue labbra e le baciò.
Il corpo di Maria era immobile, cadaverico. Anche Maddalena si sentì gelare. Era in bilico e le sue ginocchia poggiavano adesso su quelle di Maria, le loro mani si toccavano. Il tempo era come ghiacciato, mentre in Maddalena ribolliva il rimorso. Come aveva potuto superare la soglia? non avrebbe dovuto baciarla.
Doveva rapidamente staccare le sue labbra da quella della madre dell’amante più gentile che aveva e fuggire, magari salire su un albero e diventare un uccello, per volare via da quell’imbarazzo per sempre. Eppure mentre provò a spiccare il volo le labbra di Maria fecero una sommessa opposizione, socchiudendosi, come a dire “resta qui”.
Un istante, due, tre, quattro.. labbra socchiuse, l’inspiro di una espirato dall’altra, un aria calda fluiva tra le loro labbra, Maddalena spostò una mano per poggiarla sulla guancia tonda di Maria. Quello spostamento di peso mosso dal desiderio spostò l’equilibrio dei corpi e Maddalena improvvisamente cascò su Maria, quello scossone fece di colpo ripartire il tempo sospeso.
anche il loro bacio si levò dal torpore e sghignazzando sveglio anche le lingue che iniziarono a muoversi fra i denti, insinuandosi fuori dalla bocca. Maria finalmente leccava le labbra secche e dolci della giovane Maddalena, per poi addentarle, come fossero il frutto proibito. La passione come un uragano turbinava tra i corpi che si spogliavano e la carne si bagnava di piacere.
Il cesto di fichi si era rovesciato, e giaceva lì vuoto, con loro.